| CHI| SIAMO
L’Istituto Mnemosyne è un’associazione di volontari, nata a Brescia nel 2005, che si occupa di salvaguardia e tutela dei monumenti e si ispira esplicitamente alle teorizza-zioni di Giovanni Urbani (direttore dell'Istituto Centrale del Restauro dal 1973 al 1983), cercando di contribuire al passaggio da un'idea di tutela che vede come risolu-tivo l'intervento diretto sull'opera per correggere gli effetti del degrado (in realtà so-prattutto estetici), ad un idea di tutela che privilegia l'intervento sulle cause del degra-do e sul contesto nel quale ogni oggetto è immerso per renderlo adatto alla conserva-zione dell'opera stessa. Una attività di tutela finalizzata a promuovere i fattori della durabilità dell'arte limitando le cause di degrado mediante il permanente controllo delle condizioni ambientali e apposite e ordinarie e programmate cure continuative che rendano sempre più appropriati fattori come temperatura, umidità, pressione, il-luminazioni ecc affinchè siano funzionali al mantenimento delle condizioni della du-rabilità di tutte le opere d'arte presenti nei diversi contesti ambientali.
L’attività dell’Istituto è volta alla promozione di iniziative di divulgazione, attraverso articoli, pubblicazioni, seminari. Da qualche anno ha affiancato a tale vocazione pri-maria anche progetti più operativi, partecipando con riscontri positivi a diversi Bandi di Fondazione Cariplo incentrati sul tema della conservazione preventiva.
Istituto Mnemosyne
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SOS Beni culturali - segnalazioni pervenute
Ponte di Legno - Santella
carlo minelli
19/08/2021
Volterra - Badia Camaldolese
carlo minelli
19/08/2021
ll monastero venne fondato per volere del vescovo di Volterra Gunfredo nel 1030 o nel 1034. L’edificio con tutte le sue proprietà venne poi affidato alla cura dei benedettini, che nel corso del XIII secolo vennero sostituiti dai monaci camaldolesi. Nei primi anni del ‘600 iniziò la frana delle Balze, che nei secoli successivi arrivò a minacciare da vicino anche la Badia. Nel 1808 il monastero fu soppresso dal governo di occupazione francese, ma nel 1820 i camaldolesi poterono tornarvi; successivamente nel 1861 abbandonarono definitivamente l’edificio per paura delle Balze. Il monastero è oggi un’unica struttura divisa in due parti ben distinte: la chiesa, pressoché distrutta, di cui rimangono solo scarsi resti dei muri perimetrali che conservano ancora la struttura di età romanica, e l’edificio residenziale, con il chiostro, il refettorio ed i quartieri dei monaci, che invece hanno un aspetto più moderno, dovuto alla ricostruzione voluta dall’abate Mario Maffei fra il 1514 e il 1528.